Un sindaco per Roma? Facciamone quindici.
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Roma ha un problema di governance. Il Lazio appare più ricco di quanto sia in realtà. Il divorzio tra Roma e Lazio per creare una Regione della Capitale sarebbe vantaggioso per entrambe, e relativamente facile.

di Dario Quintavalle, Dottore di Ricerca in Public Management all’Università di Tor Vergata. Esperto europeo di cooperazione allo sviluppo e Institution Building, insegna alla Luiss di Roma.

Le elezioni municipali di Roma sono annunciate per la primavera 2021, ma non sembrano scaldare molto gli animi, né ispirare gli ambiziosi. Quello di Sindaco di Roma è un incarico straordinariamente malpagato, rognoso, e che non ha portato molta fortuna politica a chi lo ha svolto.

Sembra essersi innescato un processo di “selezione avversa”, in ragione del quale i più competenti e capaci, anziché candidarsi, rifuggono dall’impegno pubblico.

Le autocandidature finora manifestate destano perplessità o per la statura dei singoli o per la loro mancanza di visione: così tocca sentire Carlo Calenda, con la sua esperienza europea, parlare della larghezza delle piste ciclabili. Il fatto che si sia pensato a figure come Franco Gabrielli o Guido Bertolaso indica che c’è un consenso almeno sul punto: Roma è a tutti gli effetti una città terremotata ed ha bisogno di un esperto in disaster recovery.

Tanto per capirsi, nel 2025 cade l’Anno Santo: un evento mondiale, straordinario ma periodico, cui la città si presenta puntualmente impreparata; eppure nessuno ne parla.

Occorre poi che il prossimo sindaco abbia una visione non solo per Roma, ma per l’Italia intera.

Bisogna incorporare le trasformazioni introdotte dallo smart working, che, ormai è chiaro, non è una moda passeggera, ma una rivoluzione epocale: il modello di rigenerazione urbana proposto da Milano – novella Manhattan-sul-Lambro, con i suoi grattacieli per uffici, e masse di pendolari costrette a spostarsi ogni giorno da un hinterland dormitorio – è andato in crisi. Roma potrebbe allora diventare una vera smart city, riequilibrando il rapporto tra il centro e le periferie.

Il turismo prima o poi ritornerà, ma perché la ‘normalità’ dovrebbe essere traffico e immondizia?

A livello nazionale, poi, la crisi del coronavirus ha manifestato tutti i limiti del localismo: si sente bisogno di più Stato, e quindi anche di una Capitale riconoscibile e autorevole.

Roma va dunque ripensata, nel suo assetto interno, e nelle sue relazioni con la regione circostante e il resto del Paese.

Al di là della variabile capacità ed integrità dei sindaci degli ultimi anni, la città sembra avere un oggettivo problema di governance: semplicemente è troppo grossa ed eterogenea per essere governata bene da un solo comune e un solo sindaco.

E ciò anche dopo la riforma, puramente nominalistica, che ha trasformato il Comune in “Roma Capitale[1]” e la Provincia in “Città Metropolitana[2]”, e di cui nessuno sembra essersi davvero accorto[3]

Qualche dato spiegherà meglio che cos’è davvero Roma: con 1287,36  km² di territorio – una superficie pari a quella di Los Angeles o di Londra – è il secondo comune più esteso[4] d’Europa e il primo d’Italia. Tutta Milano potrebbe stare agevolmente nel solo X Municipio.

Per popolazione, con 2.872.800 abitanti, è la quarta città della UE, più popolosa di 11 regioni italiane[5] e persino di 7 stati membri dell’Unione Europea[6].

Una topografia difficile – con due fiumi, enormi aree archeologiche, grandi parchi radiali, alture che arrivano anche a 140m – rende la sua urbanistica frastagliata, di modo che gli unici due elementi connettivi che tengono insieme la metropoli sono il centro storico e il GRA – che infatti sono sempre congestionati.

Per quanto il nome di Roma suggerisca un panorama augusto di cupole e rovine, la gran parte di essa, al di fuori dell’anello ferroviario, è stata costruita negli ultimi settant’anni[7]. Una città invisibile, e sempre più estraniata: politici, giornalisti e turisti di rado si spingono fuori dal centro.

La rappresentazione di questa “altra Roma” è storicamente demandata in esclusiva al cinema, che ha in estrema periferia la sua capitale, gli studi di Cinecittà.

Il Comune di Roma provvede con strabismo all’amministrazione di questa metropoli mastodontica, suddivisa in 116 distretti (denominati rioni, quartieri, suburbi, zone, a seconda della distanza dal centro).

È articolato in 15 Municipi, che sono unità di decentramento ma non di autonomia: hanno un Presidente ed un consiglio elettivi, ma dipendono dal Campidoglio quanto al personale e ai finanziamenti.

E se Fiumicino, ex circoscrizione diventata comune con un referendum nel 1992, è in pieno rilancio, la vicina Ostia, rimasta invece con Roma, è precipitata in una spirale di degrado, diventando simbolo della Suburra di Mafia Capitale, nonostante assets non da poco, come il mare, grandi foreste urbane, l’area archeologica di Ostia Antica[8], la vicinanza all’aeroporto, e la residenza estiva del Presidente della Repubblica.

L’esempio dimostra che forse la soluzione ai problemi di tutta Roma è nella sua decostruzione: se ciascun municipio diventasse un comune, ogni parte della città avrebbe un suo sindaco, una sua amministrazione, e sue entrate.

Ciò è possibile senza alcuna riforma legislativa, semplicemente attivando il meccanismo previsto dell’articolo 132 Cost.[9], secondo il quale si possono costituire nuove Regioni con almeno un milione di abitanti.

Roma, che ne ha tre milioni, diventerebbe allora una “Regione della Capitale”, divisa in tanti comuni urbani, analogamente a Bruxelles-Capitale in Belgio. Con i poteri e le prerogative costituzionali di una Regione potrebbe dialogare alla pari col Governo centrale, mentre gli attuali municipi otterrebbero l’autonomia propria dei comuni.

Il divorzio tra Roma e il Lazio sarebbe reciprocamente vantaggioso. 

Roma fa apparire il Lazio[10]una regione ricca, figurando tra quelle con un Pil pro capite PPP superiore alla media europea (+111,4%, nel 2017). Si tratta però di un errore di prospettiva: senza Roma il PIL del Lazio – poco urbanizzato e industrializzato – è di soli 30100€ [11].

Capita in tutta la UE che le regioni che contengono la Capitale siano tra le più sviluppate, eppure presentino sensibili squilibri al loro interno.

Così, Budapest, Vilnius e Varsavia si sono già separate nel 2018 dalle regioni circostanti, in modo da consentire a queste ultime di figurare come aree meno sviluppate[12] e continuare a percepire i fondi strutturali e di investimento dell’Unione europea[13].

Il Lazio non è una regione storica: il nome antico – che però nella divisione di Augusto designava solo il territorio a sud del Tevere – fu ripristinato nel 1927 quando la regione fu costituita sommando ai possedimenti rimasti al Papa tra il 1861 e il 1870 alcuni contributi dalle regioni limitrofe. Dunque non esiste alcuna identità ‘laziale’ da preservare.

Un ridisegno della mappa regionale avrebbe il pregio di rimettere in discussione il sistema delle autonomie locali italiane, che è in evidente crisi, e ha generato sovrapposizioni pletoriche e continui conflitti di competenza.

Un sindaco con una visione potrebbe innescare un processo di trasformazione senza precedenti, solo usando intelligentemente gli strumenti che la Costituzione già gli offre.

La soluzione del rompicapo-Roma potrebbe essere nel suo upgrade. Altrimenti di eterno rimarranno solo i suoi problemi[14].


[1] art. 114.3 Cost. introdotto con la L. Cost. 3/2001 e L. 42/2009

[2] Legge Costituzionale n. 3/2001 e legge del 7 aprile 2014 n. 56 “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”. (GU n.81 del 7-4-2014), su normattiva.it.

[3] Cfr. Mistri, M., La città metropolitana: una confusa riforma italiana, 2013

[4] https://www.comune.roma.it/web-resources/cms/documents/Territorio_RomaCapitale.pdf

[5]  Calabria, Sardegna, Liguria, Marche, Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige,  Umbria, Basilicata, Molise,

Valle d’Aosta. (Istat, Bilancio demografico anno 2017 e popolazione residente al 31 dicembre)

[6] Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Slovenia.

[7] Cfr.  Cassetti, R., “Roma e Lazio 1945-2007: La formazione di una regione urbana”, 2008.   

[8] Eloquente la differenza tra i 3.383.415 visitatori annui di Pompei e gli appena 311.384 di Ostia Antica. Dati Mibac 2017 http://www.statistica.beniculturali.it/rilevazioni/musei/Anno%202017/MUSEI_TAVOLA8_2017.pdf

[9] Art. 132 Cost.: “Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione d’abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse “. L’Assemblea Capitolina da sola rappresenta la totalità della popolazione interessata.

[10]

[11] Fonte MISE https://www.mise.gov.it/images/stories/documenti/Analisi-Citta-Metropilitana-Roma-Finale.pdf

[12] Il Sole24Ore, https://www.infodata.ilsole24ore.com/2019/06/08/rosso-giallo-verde-scopri-colori-delle-regioni-caccia-fondi-ue-fondi-ue

[13]  Lambrechts, M., “Why Budapest, Warsaw, and Lithuania split themselves in two” https://pudding.cool/2019/04/eu-regions/

[14] Goldstein, A.  “Città Eterna, ma fino a quando Roma Capitale?” Il Sole24Ore https://www.ilsole24ore.com/art/la-citta-eterna-ma-fino-quando-roma-capitale-AEfAfaGC

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