Federalismo fiscale, autonomia differenziata e PNRR: tra differenze concettuali e connessioni operative
Federalismo fiscale, autonomia differenziata e PNRR: tra differenze concettuali e connessioni operative

Indice

Le recenti ipotesi di autonomia differenziata, concretizzatesi anche in una bozza di legge quadro che deve definire la cornice per le intese fra il Governo e le singole Regioni con cui trasferire nuove funzioni alle Regioni stesse, hanno suscitato un acceso dibattito che, come al solito, vede una rigida contrapposizione fra favorevoli e contrari, con poco spazio per posizioni mediane.

Teniamo presente, inoltre, che anche la recente legge di bilancio 2023 (l. n. 197/2022) è intervenuta in materia (articolo 1, commi 791 e ss.), dando un forte impulso al processo di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, al fine di definire il percorso di attuazione proprio dell’articolo 116, comma 3, della Costituzione, che prevede ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia per le regioni.

Le materie su cui è possibile intervenire mediante ulteriori forme di autonomia sono molte, vale a dire tutte quelle che l’articolo 117, comma 3, della Costituzione, dopo la riforma costituzionale del 2001, ha assegnato alla competenza concorrente fra Stato e Regioni, spaziando dall’istruzione ai beni culturali, dalle professioni alle infrastrutture, dalla sanità al governo del territorio. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. L’autonomia differenziata, inoltre, può trovare applicazione anche nelle materie riservate alla legislazione esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, comma 2, della Costituzione, limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, alle norme generali sull’istruzione e alla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

Nel dibattito, anche fra i commentatori della carta stampata, si denota una discreta confusione su alcuni concetti di base. Il più macroscopico fraintendimento è parso quello fra federalismo fiscale e autonomia differenziata. Quello che interessa in questa sede è evidenziare, sotto il profilo sostanziale, le differenze fra le due riforme: la prima in fase attuativa, la seconda ancora da approvare. Inoltre, è importante delineare il rapporto delle stesse con i contenuti e l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Proviamo a fare una piccola cronistoria circa lo stato dell’arte.

Di Luciano Cimbolini

Federalismo fiscale

Il federalismo fiscale nasce con la legge delega 42/2009, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione come riformato nel 2001, al fine di garantire l’autonomia di entrata e di spesa di comuni, province, città metropolitane e regioni, salvaguardando al tempo stesso i principi di solidarietà e di coesione sociale, con la precisa finalità di sostituire gradualmente, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica e di garantire responsabilizzazione nell’uso delle risorse pubbliche e l’effettività e la trasparenza del controllo democratico nei confronti degli eletti.

L’obiettivo finanziario di questa riforma era la progressiva sostituzione, per il finanziamento delle funzioni proprie degli enti territoriali, dei trasferimenti erariali con autonome forme di fiscalità. Si trattava della cosiddetta fiscalizzazione dei trasferimenti erariali, al fine di passare da una finanza derivata ad una finanza autonoma per ciascun livello territoriale di governo.

Il processo di attuazione di questa riforma, che pur ha visto l’emanazione di 11 decreti legislativi delegati nel periodo 2010 -2014, è in forte ritardo, non solo per inadempienze, ma anche per cause di carattere oggettivo che prendono il nome di crisi finanziaria e di crisi pandemica. Queste due “tempeste”, difatti, hanno reso necessario un forte riaccentramento delle scelte, anche in termini finanziari, al fine di far fronte, fino al 2018 alle necessità di tenuta dei conti pubblici ed evitare crisi sul debito sovrano del nostro paese. Dal 2020, invece, il centralismo decisionale e finanziario è derivato dalla necessità di fronteggiare la crisi pandemica e di supplire, con trasferimenti statali, alla caduta delle entrate territoriali. Il valore complessivo di questa supplenza centrale in favore di regioni ed enti locali ammonta a circa 51 miliardi nel periodo 2020 e 2021.

Con qualche imprecisione terminologica, segnaliamo che il federalismo fiscale riguarda regioni ed enti locali, con l’eccezione, essenzialmente, delle regioni e delle province autonome, e impatta sia sulle funzioni/servizi fondamentali (funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale) sia sulle altre funzioni/servizi (non fondamentali).

Il primo passo indispensabile che doveva essere fatto e, purtroppo ancora non è stato fatto, è la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) relativi alle funzioni fondamentali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. In parole povere, si tratta dei servizi minimi che devono essere offerti senza divari sul territorio nazionale. Questi dovrebbero essere definiti con legge statale, come stabilito dall’articolo 117, comma 2, lett. m), della Costituzione.

La Costituzione, difatti, assegna alla legislazione esclusiva statale il compito di definire la determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Parimenti, lo Stato ha legislazione esclusiva nella definizione delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera p).

Come segnalato nel rapporto del Servizio studi della Camera sul federalismo fiscale del 9.09.2022, anche la Corte costituzionale, da ultimo con la sentenza n. 220 del 2021, ha criticato il ritardo dello Stato nella definizione dei LEP. Questi, difatti, sono la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, nonché il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivi tali diritti (si richiamano, inoltre, sentenze n. 142 del 2021 e n. 62 del 2020). I LEP rappresentano un elemento imprescindibile per uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali e il ritardo nella loro definizione rappresenta un ostacolo non solo alla piena attuazione dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali, ma anche al pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti sociali, anche nella prospettiva dell’attuazione del PNRR.

Come dicevamo, i LEP non sono stati ancora definiti nel suo complesso e questo rappresenta un vulnus al momento insuperabile nel percorso di piena attuazione del federalismo.

Nel comparto comunale, è stato previsto, come tappa intermedia verso la definizione dei LEP, un processo di standardizzazione dei livelli di servizio, ai fini della ripartizione delle risorse aggiuntive del Fondo di solidarietà comunale.

Ai fini dell’individuazione di obiettivi di servizio, come tappa intermedia verso i LEP, in relazione alle funzioni e ai servizi (fondamentali e non) considerati ai fini del riparto del Fondo di solidarietà comunale, le leggi di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020, commi 791-794) e per il 2022 (legge n. 234/2021, commi 172-174 e 563), nell’incrementare la dotazione del Fondo di solidarietà comunale per finanziare lo sviluppo dei servizi sociali comunali, il numero di posti disponibili negli asili nido e il numero degli studenti disabili a cui viene fornito il trasporto per raggiungere la sede scolastica, con peculiare attenzione ai comuni nei quali questi servizi denotano maggiori carenze, hanno definito nuovi i criteri e modalità di riparto delle quote incrementali del Fondo. Queste risorse incrementali rientrano nell’ambito del sistema di perequazione delle funzioni fondamentali di ambito sociale, e sono pertanto ripartite tra i comuni sulla base dei fabbisogni standard per le rispettive funzioni. Per garantire, inoltre, che le risorse aggiuntive si traducano in un incremento effettivo dei servizi, il sistema ha previsto l’attivazione di un meccanismo di monitoraggio basato sull’identificazione di obiettivi di servizio da raggiungere e sul raggiungimento di determinati livelli di servizi offerti.

Con il D.P.C.M. 1° luglio 2021 sono stati individuati gli obiettivi di servizio e le modalità di monitoraggio per definire il livello dei servizi offerti e l’utilizzo delle risorse da destinare al finanziamento e allo sviluppo dei servizi sociali, sulla base di quanto previsto dal comma 792 della legge n. 178 del 2020. Con l’individuazione degli obiettivi di servizio, per la prima volta dall’introduzione dei fabbisogni standard, è stato superato il vincolo della spesa storica complessiva della funzione sociale, stanziando risorse aggiuntive vincolate al raggiungimento degli obiettivi di servizio e compiendo un passo in avanti nel percorso di avvicinamento alla definizione complessiva dei LEP.

In materia sanitaria si segnala, invece, come siano già in funzione i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) definiti, da ultimo dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, che indicano nel dettaglio le prestazioni erogate attraverso il Servizio sanitario nazionale e che consentono di lavorare, nel perimetro sanitario, in termini quali-quantitativi di costi e fabbisogni standard. La sanità, ad ogni modo, rimarrà fuori dall’analisi effettuata in questa sede, perché viaggia su un binario parallelo rispetto al federalismo fiscale previsto dalla legge n. 42/2009.

Per superare il sistema dei trasferimenti erariali nel finanziamento delle funzioni fondamentali, una volta definiti i LEP anche nella loro dimensione quantitativa, sarebbe (stato) necessario individuare il costo standard della totalità dei servizi legati alla garanzia dei LEP nel territorio di riferimento. Il costo standard è il costo di efficienza del servizio così come calcolato nel territorio di riferimento. Questo costo di efficienza non può essere ovviamente uguale su tutto il territorio nazionale, ma può, anzi deve, variare in base al contesto socioeconomico, demografico e fisico del territorio di riferimento.

In modo molto semplicistico, possiamo dire che la moltiplicazione dei costi standard dei servizi legati ai LEP per la quantità di quegli stessi servizi sempre connessi ai LEP nel territorio di riferimento, ci fornisce il fabbisogno standard. Il fabbisogno standard, sempre in termini monetari, rappresenta l’ammontare delle risorse che servono nel territorio di riferimento per erogare i servizi connessi ai LEP ad un costo di efficienza non legato più al data della spesa storica. Questa sarebbe, in teoria, la prima parte del federalismo, quelle legata alla spesa.

Al momento, come detto sopra, i fabbisogni standard per i comuni, in assenza dei LEP, rappresentano il fabbisogno finanziario di cui necessitano i comuni stesi per erogare alcuni fondamentali servizi, quali:

  • funzioni di amministrazione generale;
  • viabilità e il territorio;
  • gestione dei rifiuti;
  • servizi sociali;
  • asili nido;
  • polizia locale;
  • istruzione pubblica.

Come ben sintetizzato sul sito di Openpolis nella sezione dedicata al federalismo fiscale, “…a ognuno di questi servizi corrisponde un fabbisogno, mentre il fabbisogno standard totale rappresenta la quota complessiva necessaria a finanziare la totalità dei servizi.

Tale indicatore viene calcolato in base all’ammontare complessivo del fondo perequativo – che costituisce una parte delle risorse destinate ai comuni – e determinato in base alla spesa media per i servizi, di comuni simili a quello considerato per caratteristiche demografiche, socio-economiche e morfologiche. Variabili di questo tipo influenzano il livello di spesa di un ente per i servizi e sono dunque le stesse a influenzare il calcolo dei fabbisogni standard. Sono 70 in tutto e, tra queste, alcune delle più rilevanti comprendono:

  • numero di abitanti;
  • superficie del comune e densità abitativa;
  • quantità dei servizi offerti;
  • indice di deprivazione socio-economica;
  • classi climatiche;
  • quantità di rifiuti prodotti;
  • numero di scuole e loro caratteristiche;
  • costo del lavoro interno ed esterno.

Viene individuato un fabbisogno minimo per ognuno dei servizi considerati, fatta eccezione per quelli a domanda individuale, considerati non obbligatori. Tra questi lo scuolabus, la mensa, altri servizi legati all’istruzione pubblica e gli asili nido. Per i primi viene assegnato un fabbisogno solo ai comuni che erogano tali servizi, mentre per gli asili nido non è più così. Dal 2019 infatti, viene riconosciuto per tale servizio un fabbisogno minimo a tutti i comuni che hanno una popolazione residente tra gli 0 e 2 anni di età”.

Tornando al sistema immaginato dalla l. n. 42/2009, teniamo ben presente che questo il calcolo (semplificando in modo brutale, LEP x Costo Standard=Fabbisogno standard) non ha alcuna relazione, in via teorica (ovviamente) con i servizi attualmente forniti nel territorio di riferimento ed ai relativi costi effettivamente sostenuti.

I servizi oggi effettivamente forniti nel territorio di riferimento potrebbero essere maggiori o minori rispetto a quelli necessari a garantire i LEP e, allo stesso tempo, i costi oggi effettivamente sostenuti potrebbero essere maggiori o minori rispetto al costo standard (di efficienza).

Teniamo presente, infine, che in assenza di LEP, la definizione dei fabbisogni standard (come accennato sopra) si è finora basata sostanzialmente sui livelli storici di copertura dei servizi, sebbene, per alcune funzioni, il livello storico non sempre risulta coerente con la tutela dei diritti civili e sociali.

Ora passiamo al lato del finanziamento.

Il presupposto del federalismo era quello di superare il meccanismo dei trasferimenti erariali nel finanziamento delle funzioni fondamentali con un sistema di entrate proprie. Diciamo subito che, grazie alle riforme del sistema fiscale locale e al fondo di solidarietà comunale, questa parte della riforma ha fatto passi avanti nel percorso di attuazione riguardante i comuni.

Ma fermiamoci al modello teorico, perché questo ci consente di comprendere meglio la struttura della riforma.

Per fiscalizzare i trasferimenti erariali e superare il meccanismo della spesa storica per il finanziamento delle funzioni fondamentali e le relative distorsioni, il federalismo fiscale utilizza il concetto di capacità fiscale standard nel territorio di riferimento.

La capacità fiscale, in sintesi, rappresenta il gettito potenziale da entrate proprie di un territorio, una volta determinate la base imponibile e l’aliquota legale.

L’individuazione delle capacità fiscali dei comuni, delle province e delle città metropolitane è demandata a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da trasmettere alle Camere per il parere sia della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale che delle Commissioni competenti per materia.

La capacità fiscale standard rappresenta l’ammontare delle risorse monetarie che un territorio può ricavare utilizzando le leve autonome di tassazione attivabili, in base all’ordinamento, nel territorio stesso.

L’ammontare di queste risorse derivanti dalla fiscalità autonoma può essere inferiore o superiore al fabbisogno standard, vale a dire, alle risorse monetarie necessarie, nel territorio di riferimento, all’erogazione dei servizi connessi ai LEP ad un costo di efficienza.

Qualora la capacità fiscale sia insufficiente a garantire il fabbisogno standard, vengono previsti meccanismi di perequazione solidaristici, ovvero un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

La perequazione, però, dovrebbe avvenire al complessivo costo di efficienza, cioè a concorrenza del fabbisogno standard.

Questo significa che, se nel territorio di riferimento, la spesa effettivamente sostenuta (e magari finanziata con trasferimenti erariali) per garantire i LEP è superiore al fabbisogno standard, sarà responsabilità degli amministratori locali efficientare il servizio per arrivare al fabbisogno standard o oppure chiedere maggiori risorse ai propri amministrati per garantire servizi non erogati a un costo di efficienza.

Questo è il criterio cardine che caratterizza il federalismo fiscale previsto dalla legge  n. 42/2009, con la finalità di passare da un sistema a finanza derivata ad uno basato sull’autonomia fiscale, con un prelievo che impatta sulle risorse del territorio gestito da amministratori locali. Il sistema nazionale di perequazione deve trovare un limite, in termini di trasferimenti compensativi, nel fabbisogno standard, vale a dire nell’ammontare monetario in grado di garantire i LEP ad un costo di efficienza.

In parole povere: autonomia fiscale + perequazione=fabbisogno standard.

Questo vale per i Livelli Essenziali della Prestazioni relativi alle funzioni fondamentali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

Solo per inciso, si segnala, nel definire i principi fondamentali del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali, la legge delega n. 42 del 2009 prevede che per le funzioni degli enti locali diverse da quelle fondamentali le necessità di spesa devono essere finanziate secondo un modello di perequazione delle capacità fiscali, che dovrebbe concretizzarsi in un tendenziale avvicinamento delle risorse a disposizione dei diversi territori, senza tuttavia alterare l’ordine delle rispettive capacità fiscali. In questo senso si parla della perequazione sulle capacità fiscale. Ma sul punto non possiamo soffermarci.

Allo stesso tempo si segnala come anche la perequazione infrastrutturale costituisce uno dei pilastri dell’impianto del federalismo fiscale disegnato dalla legge n. 42/2009, benché sia rimasta – come i livelli essenziali delle prestazioni – in una permanente fase di transizione. La perequazione infrastrutturale è stata negli anni totalmente accantonata.

L’articolo 22 della legge n. 42 del 2009, tuttavia, prevede l’attuazione della perequazione infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale, ai fini del recupero del deficit infrastrutturale del Paese nella fase transitoria di attuazione del processo federalista. Tale attuazione deve avvenire, in coerenza con l’azione strutturale a sostegno della rimozione degli squilibri economici e sociali, tramite la realizzazione di interventi speciali finanziati con le risorse aggiuntive (e non sostitutive rispetto a quelle del bilancio ordinario) previste dall’articolo 119, comma 5, della Costituzione. Anche su quest’aspetto, tuttavia, non possiamo fare che solo questo cenno di richiamo.

Autonomia differenziata

L’autonomia differenziata, invece, è un concetto diverso dal federalismo fiscale.

Anche in questo caso, attingendo ai pregevoli lavori del Servizio Studi della Camera, si ricorda come l’autonomia differenziata è una riforma attuativa dell’articolo 116, comma 3, della Costituzione, nella versione introdotta anch’essa dalla riforma del titolo V della Costituzione prevista dalla legge costituzionale n. 3/2001. Il procedimento previsto per l’attribuzione di autonomia differenziata non ha ancora mai trovato completa attuazione.

L’articolo 116, comma 3, della Costituzione prevede la possibilità di attribuire forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario (c.d. “regionalismo differenziato” o “regionalismo asimmetrico”, in quanto consente ad alcune Regioni di dotarsi di poteri diversi dalle altre), ferme restando le particolari forme di cui godono le Regioni a statuto speciale (articolo 116, comma 1).

Le materie nelle quali possono essere riconosciute queste peculiari ulteriori forme di autonomia concernono:

  • tutte le materie che l’articolo 117, comma 3, attribuisce alla competenza legislativa concorrente;
  • un ulteriore limitato numero di materie riservate dall’articolo 117, comma 2, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ovvero:
    • .

L’attribuzione di tali forme rafforzate di autonomia deve essere stabilita con legge rinforzata, che, dal punto di vista sostanziale, è formulata sulla base di un’intesa fra lo Stato e la Regione interessata, acquisito il parere degli enti locali interessati, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119 Costituzione in tema di autonomia finanziaria, mentre, dal punto di vista procedurale, è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti.

Il Parlamento, nel corso del tempo, ha approvato alcune disposizioni di attuazione dell’articolo 116, comma 3, Cost., relative alla fase iniziale del procedimento per il riconoscimento di forme di maggiore autonomia alle Regioni a statuto ordinario.

La legge di stabilità per il 2014 (l. n. 147/2013) ha previsto un termine di sessanta giorni entro il quale il Governo è tenuto ad attivarsi sulle iniziative delle regioni presentate al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali ai fini dell’intesa (articolo 1, comma 571, l. n. 147/2013). Il termine decorre dalla data del ricevimento delle iniziative e l’obbligo di attivazione si traduce nel dare seguito all’iniziativa regionale finalizzata all’intesa. Questo procedimento, quindi, è preliminare rispetto al percorso delineato dall’articolo 116, comma 3, della Costituzione, che si deve concludere con una legge rinforzata, il cui contenuto è determinato in base ad un’intesa tra regione e Stato e al parere degli enti locali interessati, approvata a maggioranza assoluta dalle Camere. Da non sottovalutare il passaggio, nel comma 571, relativo al fatto che l’attivazione del Governo sulle iniziative regionali debba avvenite “Anche ai fini di coordinamento della finanza pubblica…”.

Il riconoscimento di forme di autonomia differenziata ai sensi dell’articolo 116, comma 3, della Costituzione, è stato oggetto delle iniziative intraprese dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.

Le prime due Regioni hanno infatti svolto il 22 ottobre 2017, con esito positivo, due referendum consultivi sull’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. La Regione Emilia-Romagna si è invece attivata, su impulso del Presidente della Regione, con l’approvazione da parte dell’Assemblea regionale, il 3 ottobre 2017, di una risoluzione per l’avvio del procedimento finalizzato alla sottoscrizione dell’intesa con il Governo richiesta dall’articolo 116, comma 3, della Costituzione.

A valle di queste iniziative, è seguita la sottoscrizione (il 28 febbraio 2018) di un accordo preliminare per l’attribuzione di maggiori forme di autonomia ai sensi dell’articolo 116, comma 3, della Costituzione tra il Governo e le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Successivamente, altre regioni hanno avviato, in tale quadro, un confronto con il Governo.

È esattamente in questo contesto che si muovono le attuali ipotesti legislative, finalizzate a definire i principi generali per l’attribuzione delle funzioni, connesse con il riconoscimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’articolo 116, comma 3, della Costituzione, nonché le modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione. Anche nelle nuove materie attribuite alle Regioni, si prevede che il trasferimento delle funzioni e delle risorse corrispondenti ha luogo a seguito della determinazione dei relativi Livelli Essenziali delle Prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione.

Questo passaggio, seppur a livello di bozza, potrebbe legare, per il tramite dei LEP, l’autonomia differenziata al federalismo fiscale.

Entrambe le riforme devono basarsi sui LEP determinati ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione, che, ripetiamo, alla legislazione esclusiva statale il compito di definire la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

A regime, anche in questo caso, pertanto, si piò fare riferimento alla formula: LEP x Costo Standard=Fabbisogno standard.

Nel periodo iniziale e transitorio, invece, non si potrà fare altro che fare riferimento alla spesa storica che lo Stato sostiene in ambito regionale per lo svolgimento delle funzioni trasferite alla Regione.

Nel caso relativo all’autonomia differenziata, però, questo meccanismo dovrebbe servire per quantificare le risorse da ricavare mediante il ricorso all’autonoma capacità fiscale, necessarie a garantire, ad un costo di efficienza, l’erogazione dei servizi connessi alle funzioni trasferite alle Regioni.

In questo caso, difatti, non si tratta di fiscalizzare dei trasferimenti che finanziano funzioni locali (come nel federalismo fiscale), poiché queste risorse stanno nel bilancio dello Stato, poiché le funzioni al momento sono di competenza del livello centrale.

Di conseguenza, nel federalismo fiscale le funzioni sono già svolte a livello regionale e locale e l’obiettivo della riforma è superare il meccanismo dei trasferimenti in favore di un sistema di finanziamento basato sull’autonomia fiscale dei territori. Per garantire, però, ad ogni territorio le risorse sufficienti per l’erogazione dei LEP, si prevede, per le funzioni fondamentali, un sistema di perequazione al fabbisogno standard per i territori con minore capacità fiscale.

Nell’autonomia differenziata, una volta giunta a regime, invece, essendo in precedenza le funzioni svolte a livello centrale e non essendo presenti, per questo motivo, trasferimenti in favore delle Regioni (se non in via transitoria), i LEP sono necessari per individuare le risorse che la fiscalità territoriale deve garantire per produrre, ad un costo di efficienza, i servizi connessi ai LEP relativi alle ulteriori funzioni trasferite.

Le legge di bilancio 2023

La legge n. 197/2022 (legge di bilancio 2023), ai commi 791-798, prevede un percorso a tappe forzate per arrivare alla definizione dei LEP.

Il comma 791 dispone che “Ai fini della completa attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e del pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni, il presente comma e i commi da 792 a 798 disciplinano la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, quale soglia di spesa costituzionalmente necessaria che costituisce nucleo invalicabile per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, per assicurare uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, per favorire un’equa ed efficiente allocazione delle risorse collegate al Piano nazionale di ripresa e resilienza, approvato con il decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, e il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali e quale condizione per l’attribuzione di ulteriori funzioni. L’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, relative a materie o ambiti di materie riferibili, ai sensi del comma 793, lettera c), del presente articolo, ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni (LEP)”.

I commi successivi prevedono, in primo luogo, l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di una Cabina di regia presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri, per la determinazione dei LEP.

La Cabina di regia, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e in coerenza con i relativi obiettivi programmati, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, ai sensi del comma 793, deve:

a) effettuare, con il supporto delle amministrazioni competenti per materia, una ricognizione della normativa statale e delle funzioni esercitate dallo Stato e dalle regioni a statuto ordinario in ognuna delle materie di cui all’articolo 116, comma 3, della Costituzione;

b) effettuare, con il supporto delle amministrazioni competenti per materia, una ricognizione della spesa storica a carattere permanente dell’ultimo triennio, sostenuta dallo Stato in ciascuna regione per l’insieme delle materie di cui all’articolo 116, comma 3, della Costituzione, per ciascuna materia e per ciascuna funzione esercitata dallo Stato;

c) individuare, con il supporto delle amministrazioni competenti per materia, le materie o gli ambiti di materie che sono riferibili ai LEP, sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard;

d) determina, nel rispetto dell’articolo 17 della legge n. 196/2009 (copertura finanziaria delle leggi) e, comunque, nell’ambito degli stanziamenti di bilancio a legislazione vigente, i LEP, sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, ai sensi dell’articolo 1, comma 29-bis, della l. 208/2015, predisposte secondo il procedimento e le metodologie di cui all’articolo 5, comma 1, lettere a), b), c), e) e f), del n. 216/2010, ed elaborate con l’ausilio della SOSE Spa, in collaborazione con l’Istituto nazionale di statistica e con la struttura tecnica di supporto alla Conferenza delle regioni e delle province autonome presso il Centro interregionale di studi e documentazione (CINSEDO) delle regioni.

La Commissione tecnica per i fabbisogni standard, sulla base della ricognizione e a seguito delle attività della Cabina di regia, trasmette alla Cabina di regia stessa le ipotesi tecniche inerenti alla determinazione dei costi e fabbisogni standard nelle materie di cui all’articolo 116, comma 3, della Costituzione.

Entro sei mesi dalla conclusione delle attività di cui al comma 793, la Cabina di regia (v. comma 795) predispone uno o più schemi di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui sono determinati, anche distintamente, i LEP e i correlati costi e fabbisogni standard nelle materie di cui all’articolo 116, comma 3, della Costituzione.

Qualora le attività della Cabina di regia non si concludano nei termini stabiliti, il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, nominano un Commissario entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di dodici mesi, per il completamento delle attività non perfezionate. Sulla base dell’istruttoria e delle proposte del Commissario, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie propone l’adozione di uno o più schemi di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, secondo la procedura di cui al comma 795, al fine di determinare, anche distintamente, i LEP e i correlati costi e fabbisogni standard nelle materie di cui all’articolo 116, comma 3, della Costituzione.

Come si può notare, nella legge di bilancio è previsto un percorso strutturato per arrivare alla definizione dei LEP relativi alle materie di cui all’articolo 116, comma 3, della Costituzione, ovvero quello oggetto dell’autonomia differenziata. Nulla si dice, invece, rispetto alla ben più complessa definizione dei LEP previsti dal federalismo fiscale in attuazione dell’articolo 119 e dell’articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione, cioè quelli relativi alle funzioni fondamenti di Regioni ed Enti locali, nell’ambito dei quali si deve passare dalla modalità di finanziamento basato sui trasferimenti ad uno basta sull’autonomia fiscale e sui costi e fabbisogni standard.

Il PNRR

Le reciproche connessioni fra queste riforme e la corretta attuazione del PNRR, anche sotto il profilo allocativo delle risorse, anche in termini di perequazioni finanziaria ed infrastrutturale, appare evidente.

Quello che ci interessa in questa sede, tuttavia, è sottolineare come il PNRR preveda, fra le riforme abilitanti, quella del completamento del federalismo fiscale previsto dalla legge 42/2009.

Nella parte dedicata al federalismo fiscale si legge testualmente “Completa il quadro delle riforme fiscali quanto recato, con i necessari adeguamenti, dalla legge 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale con la quale si introduce la necessità di finalizzare le risorse dei livelli territoriali sulla base di criteri oggettivi e ai fini di un uso efficiente delle risorse medesime.

Il percorso di attuazione del federalismo fiscale è graduale sia nell’ammontare delle risorse perequate che nel processo di definizione dei fabbisogni standard e degli obiettivi di servizio.

Per quanto riguarda i comuni, il processo è già in corso dal 2015 ai fini della distribuzione del fondo di solidarietà comunale tramite la differenza tra i fabbisogni standard e capacità fiscali in un’ottica di superamento della spesa storica (che cristallizza inefficienza).

Analogamente al processo per i comuni, la distribuzione delle risorse per le province e le città metropolitane avverrà sulla base dei criteri dei fabbisogni standard e della capacità fiscale, come definite dal decreto-legislativo n. 68/2011 (articolo 1-15), come da ultimo modificato dalla legge 178/2020. Il federalismo fiscale per le regioni, definito dal decreto-legislativi n. 68/2011 (articoli 1-15), come da ultimo modificato dalla legge n°176/2020 (articolo 31-sexties), è in corso di approfondimenti da parte del Tavolo tecnico istituito presso il MEF. Il processo sarà definito entro il primo quadrimestre dell’anno 2026”.

Come si vede, la scadenza per la completa attuazione del federalismo fiscale che prevede il superamento del criterio di finanziamento delle funzioni fondamentali delle autonomie territoriali tramite trasferimenti basta sulla (inefficiente) spesa storica per arrivare ad un sistema basato sulle capacità fiscali e perequato sui fabbisogni standard, è fissata al 2026. Questa è la data individuata per la completa attuazione della legge 42/2009, che rappresenta anche uno degli obiettivi cui è legato il riconoscimento dei fondi previsti in sede europea dal Next Generation Eu e declinati in sede nazionale dal PNRR.

Conclusioni

È arrivato il momento di tirare le conclusioni.

Come si può notare da quanto detto sopra, federalismo fiscale, autonomia differenziata e PNRR sono aspetti concettualmente ben distinti, ma con profondi collegamenti operativi.

Il collegamento più profondo fra i tre aspetti è la determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni relativi sia alle funzioni fondamentali, sia a quelle oggetto di possibile trasferimento a seguito dell’attuazione delle norme costituzionali sull’autonomia differenziata.

La legge di bilancio da una forte accelerata, mediante un percorso procedurale ben definito e scadenza, ai LEP concernenti le ulteriori competenze connesse all’autonomia differenziata.

Il percorso di definizione dei LEP in relazione al federalismo fiscale, invece, rimane quello vigente con l’unica differenza derivante dalla qualificazione dell’attuazione della riforma prevista dalla legge n. 42/2009 come riforma abilitante nell’ambito del PNRR con scadenza 2026.

Appare evidente, tuttavia, che la definizione dei LEP riguardanti le funzioni fondamentali non può non andare di pari passo con i LEP connessi alle ulteriori funzioni da trasferire al sistema delle autonomie in attuazione dell’autonomia differenziata.

Un percorso asincrono, difatti, potrebbe portare a una situazione di difficile gestione nel percorso di attuazione delle due forme di federalismo, soprattutto in relazione al meccanismo di superamento del finanziamento basato sulla spesa storica sotteso ad entrambe le riforme.

La speranza è che, anche tenuto conto dello stringente obiettivo del PNRR, le previsioni della legge di bilancio 2023 in materia di definizione dei LEP legati all’autonomia differenziata funga da impulso e da traino anche per la definizione dei LEP connessi al federalismo fiscale e al meccanismo dell’autonomia fiscale perequata sul fabbisogno standard.

A personalissima opinione di chi scrive, difatti, soltanto la simultaneità delle due riforme potrà consentire un’attuazione delle stesse equa, efficiente e solidaristica su tutto il territorio nazionale.

Soltanto la parallela attuazione del federalismo fiscale e dell’autonomia differenziata, difatti, consentirebbe di avere una reale chance per diminuire la distanza fra le diverse aree del paese in termini di servizi e, sotto il profilo finanziario, di responsabilizzare le classi dirigenti del territorio ad un corretto utilizzo delle risorse pubbliche loro assegnate.

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