PROGETTARE IL FUTURO DELLE POLITICHE PUBBLICHE GLOBALI

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“Il tempo della conoscenza, come un vento teso e costante, prima o poi raggiunge anche gli angoli più lontani e nascosti” Anonimo Dottore

Di Angelo Deiana

Nei precedenti articoli abbiamo visto come la qualità della vita di ciascuno di noi sia influenzata, nel medio-lungo periodo, da fattori sistemici di straordinaria importanza come la demografia e la conoscenza in termini di contributo allo sviluppo delle persone e degli Stati.

Il tema strategico è ora quello di comprendere come le politiche pubbliche (meglio se a livello di consapevolezza globale) possano sfruttare tali fattori per offrire ai propri cittadini orizzonti evolutivi di maggior benessere non solo nei Paesi più industrializzati, ma anche nei Paesi più poveri.

D’altra parte, siamo ormai consapevoli di un dato strategico: la tecnologia ha permesso alla produzione agricola globale (e, in misura minore, a quella manifatturiera e ai servizi) di crescere in misura massiccia anche nei Paesi teoricamente meno avanzati. In sintesi, le politiche pubbliche relative a reti e tecnologie stanno (lentamente) emancipando le economie più povere del pianeta dai vincoli della terra quale unico fattore della produzione e sopravvivenza.

Il progresso africano, ad esempio, è considerevole. La percentuale di africani sub-sahariani in grado di leggere e scrivere è triplicata tra il 1970 e il 2015. Nello stesso periodo, in termini di crescita della longevità Medio Oriente e Nord Africa sono in testa rispetto a tutti i Paesi del mondo, compreso l’Asia orientale, avendo portato l’aspettativa di vita da 45 a 70 anni.

Ma la sfida successiva è comprendere come conciliare l’evidente stagnazione dei redditi nei Paesi più poveri del mondo nel periodo pre-pandemico con i dati che suggeriscono comunque progressi importanti nella qualità della vita negli stessi Paesi? E come spiegare il legame debole tra incremento del PIL e tassi di miglioramento della qualità della vita?

La verità è che il più grande successo delle politiche pubbliche di sviluppo degli ultimi anni non è stato rendere più ricche le persone, ma rendere meno costose e più ampiamente disponibili le cose che davvero contano: la salute e l’istruzione.

In altri termini, una grande quantità di persone nel mondo ha tratto vantaggio dai mutamenti tecnologici e dalla diffusione delle idee più di quanto abbia beneficiato di un aumento dei redditi. Anche le persone che oggi rimangono povere hanno assistito a miglioramenti nella qualità della vita che avrebbero lasciato sbalorditi i loro genitori e nonni.

Nel 1900, ad esempio, è probabile che nessun Paese al mondo vedesse sopravvivere al primo anno di vita una percentuale di bambini superiore al 90%. Non importava quanto ricchi fossero i genitori: lo stato delle tecnologie sanitarie poneva un serio limite alle possibilità di sopravvivenza di un neonato. Gli Stati Uniti presentavano un tasso di mortalità neonatale pari a quasi il 15%, nonostante fossero il Paese più ricco del mondo.

Nei primi 20 anni del XXI secolo, il Paese con la mortalità neonatale più alta del mondo è stato la Sierra Leone, il cui tasso risulta soltanto di poco superiore (17% vs 15) a quello degli Stati Uniti di un secolo prima. Eppure, negli ultimi anni il reddito per individuo in Sierra Leone è crollato da 615 a circa 404 dollari all’anno ed è pari a un decimo del reddito USA di un secolo fa. E Paesi poveri e sfortunati come Haiti o il Congo presentano tassi di mortalità neonatale attualmente più bassi di quelli di qualunque altro Paese al mondo nel 1900.

Per questo, dobbiamo imparare bene la lezione per mirare gli obiettivi delle politiche pubbliche globali. Alla base del progresso della qualità della vita anche in condizioni di crisi, ci sono due fattori evolutivi. Per prima cosa, gli individui oggi possono accedere a innovazioni tecnologiche che mettono a disposizione beni e servizi migliori a un costo inferiore: più calorie e migliori medicine per singola unità monetaria.

Il secondo fattore in grado di spiegare i miglioramenti è la crescente domanda di quelle tecnologie innovative e dei servizi a esse correlati. In tutto il mondo, le persone sono ormai utenti ben più informati di quanto fossero in passato. Chiedono sapone per lavarsi le mani, scuole per educare i bambini e governi che rispettino i loro diritti. Senza dimenticare un elemento importante della fase attuale: anche il più inefficiente dei Paesi africani offre servizi di qualità e quantità assai superiori a qualunque nazione del pianeta esistente nel XIX secolo.

Certo, magari i sistemi sanitari africani sono pieni di personale formato approssimativamente con pochi farmaci a disposizione, ma le persone vengono comunque vaccinate e gli antibiotici sono relativamente disponibili. Succedeva questo nei Paesi più sviluppati anche solo un secolo fa? Ecco perché chi si abbandona alla sensazione di una crisi globale dello sviluppo non tiene conto di questi successi, frutto della maggiore accessibilità, per il ricco come per il povero, ai servizi sanitari, all’istruzione ed alle altre componenti fondamentali della qualità della vita.

E’ una valutazione che prescinde dal compiacimento perché dobbiamo ancora migliorare anche per non dimenticare che attribuire un ruolo fondamentale a reti, conoscenza e tecnologia non significa naturalmente dichiarare che l’aumento dei redditi sia irrilevante. Nessuno può sostenere che Paesi poverissimi in cui la popolazione vive sotto la soglia di sussistenza (meno di due dollari al giorno) non abbiano bisogno di crescita economica, anzi.

Ma concentrarsi sul PIL o sul reddito non permette di riflettere abbastanza sul fatto che le forze che hanno operato significativi miglioramenti nella qualità della loro vita sono state il cambiamento tecnologico, la conoscenza e la consapevolezza. Non il reddito.

Ecco perché il fattore chiave alla base della crescita economica nel lungo periodo di qualsiasi Paese, ricco o povero, è il miglioramento della qualità della vita dei suoi abitanti. Succede perché tale miglioramento contribuisce a far crescere la libertà di scelta delle opzioni future, la capacità produttiva e le aspettative di vita.

Ecco la grande lezione che dobbiamo comprendere anche in questi momenti di crisi. Reti e tecnologie ci offrono l’orizzonte di ulteriori orizzonti di evoluzione delle politiche pubbliche in cui conoscenza e consapevolezza dovranno essere protagoniste per ridurre ulteriormente gli ancora inammissibili divari esistenti.

E progettare un orizzonte in cui il divario tra il futuro di un bambino nato nel mondo meno fortunato e quello di un bambino nato nei Paesi avanzati si riduca ulteriormente.

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