Verso un ISTITUTO NAZIONALE DI RICERCA IN DIGITAL CULTURAL HERITAGE, ARTS AND HUMANITIES “Tullio Gregory”

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Preso atto con soddisfazione che la Scuola del post cov-19 considera il digitale non è più una variabile indipendente delle politiche educative nazionali, ma una grande opportunità e uno straordinario strumento di supporto (e di ripensamento) delle stesse politiche, sembra opportuno una riflessione sul “sapere” digitale anche e soprattutto per sostenere quell’alleanza tra Digitale, Ricerca, Educazione  per indirizzare le nuove generazioni alla conoscenza dei valori  assunti dalla Cultura Digitale.

Di Carmine Marinucci Presidente Associazione internazionale #DiCultHer

Il ‘sapere’ digitale sta assumendo sempre di più valenza metodologica ed epistemologica, strutturale e di contesto, attraverso la dimensione dell’integrazione fra saperi umanistici tradizionali e conoscenze di metodi e tecniche computazionali nella strutturazione della nuova Cultura Digitale, per un’idea rinnovata di “spazi di apprendimento” nei sistemi educativi e formativi, tanto formali che non.

In varie occasioni si è scritto e sono in corso importanti iniziative  in questa direzione per rendere ulteriormente protagonisti i nostri Docenti nella Scuola del XXI secolo che postulano nuove alfabetizzazioni, conoscenze e competenze multidisciplinari e interdisciplinari, produzione di contenuti complessi e articolati, per affrontare “ecosistemi” di conoscenze e competenze allineate ai linguaggi digitali dei nostri ragazzi.

Linguaggi  che  in definitiva, danno anche sostanza e prospettive “educative” al passaggio dal paradigma della formazione in presenza a quello della formazione digitale attraverso la sperimentare  di modelli di interazione nuovi sia nelle forme che nei modi della comunicazione digitale, per favorire, per esempio, nei ragazzi la progettazione e l’implementazione di contest per la  ‘titolarità’ individuale e collettiva del patrimonio e dell’eredità culturale, attraverso la progettazione e realizzazione di strumenti didattici quali pre-requisito e parte essenziale dei nuovi percorsi di Educazione Civica e Cittadinanza Digitale nelle Scuole Secondarie di primo e secondo grado, attraverso una cultura digitale omogenea e condivisa, che abbia quale presupposto la conoscenza approfondita delle problematiche legate alla conservazione e valorizzazione dei dati digitali.

 In questo senso, è appena il caso di sottolineare che se è possibile che in altri ambiti del sapere l’aggiornamento professionale costituisce un indispensabile completamento, nell’ambito della Cultura Digitale  l’aggiornamento significa rinnovamento della conoscenza e da questo punto di vista il problema della scuola trasformata non è soltanto quello, prioritario ed indispensabile, dell’aggiornamento degli insegnanti, ma quello più in generale di un collegamento fra la scuola come comunità educativa ed il mondo della ricerca e nel caso specifico di tutto quel mondo della ricerca delle digital humanities e del digital cultural heritage.

Per quanto questo possa apparire un dettaglio rispetto ai temi più generali della riapertura in sicurezza delle nostre Scuole nel post Covid-19, vi sono tutti i motivi per ritenere che un forte impegno e una migliore organizzazione  della ricerca nel settore delle DH e del DCH non potrà non portare ad una trasformazione importante della qualità della scuola stessa.

In tale contesto, lo sviluppo esponenziale che il digitale ha conosciuto in questi anni e che sta assumendo sempre più i connotati di una vera e propria rivoluzione culturale, prefigura scenari e sfide rilevanti al di la del mero uso strumentale di tale tecnologie per eventuali FAD o DAD che siano, per sostenere la nostra Comunità educante affinché  sappia progettare percorsi educativi in cui prevalgono abilità di learning design e di learning curator  per la gestione del digital turn in the humanities and cultural heritage, attraverso un’attenzione costante all’innovazione e alla ricerca nei temi del Digital Cultural Heritage e delle DH, al confronto della nostra Comunità scientifica i cui ambiti e domini sono ormai una realtà consolidata e condotta da centinaia di ricercatori provenienti dalle diverse aree disciplinari del nostro sistema della ricerca la cui eccellenza e preparazione è riconosciuta a livello internazionale, ed è documentata scientificamente e bibliograficamente.

Tuttavia, questa importante Comunità scientifica, per essere di riferimento anche della nostra Comunità educante deve esser RICONOSCIBILE e individuabile.

In Italia questi domini, ormai riconosciuti ovunque come strategici per lo sviluppo e l’evoluzione costruttiva della nostra società, sono ancora considerati “ibridazioni” non collocabili né associabile ad alcuna Area Scientifica o Settore Scientifico Disciplinare in ambito Accademico, creando difficolta sia nella valutazione accademica della ricerca nelle DH sia di quella condotta con metodologie digitali in tutte le aree relative al cultural heritage, sia, di conseguenza, nella loro valorizzazione di carriera per tutti quegli studiosi delle aree biblioteconomiche, archivistiche, archeologiche, architettoniche, urbanistiche, artistiche, creative, letterarie, storiche, geografiche, antropologiche e demoetnoantropologiche, solo per citarne alcune, che da anni vi si dedicano con passione, professionalità e risultati di eccellenza internazionale.

Risultati questi di riferimento  per il rinnovamento delle conoscenze e di riferimento per le conseguenti pratiche didattiche della nostra Comunità educante impegnata nella costruzione di una nuova scuola, dove il learning by doing, l’imparare ad imparare non riguarda solo i ragazzi, ma diventa parte dello stile di rinnovamento della Classe docente che continua a formarsi non solo con la ricerca in letteratura, ma creando percorsi di ricerca azione nelle aule stesse al confronto con una Comunità scientifica che si rinnova nelle pratiche e nei modelli di ricerca nei settori delle DH e del DCH.

Un vulnus questo nel settore dell’organizzazione della ricerca nazionale in questi domini, dove Gruppi accademici, ricercatori afferenti al MiBAC, alle Associazioni di ricercatori come l’ Associazione per l’Informatica Umanistica e la Cultura Digitale (AIUCD), le decine di progetti di ricerca internazionali nei quali l’Italia è stata ed è protagonista con le sue eccellenze, rappresentano realtà che impongono, da un lato, e con urgenza la necessità di riconoscere alla ricerca nelle digital humanities e nel digital cultural heritage anche il pieno e indiscusso valore accademico, dall’altro, la necessità che le riflessioni teoretiche in questi domini delle digital humanities e del digital cultural heritage siano considerati sempre di più elemento imprescindibile di una nuova stagione per la formazione di Ricercatori e Docenti della Scuola del XXI secolo.

E’ necessario al riguardo che al nostro sistema educativo sia data la possibilità di confrontarsi con una comunità scientifica riconosciuta, di riferimento, in grado di trasferire buone pratiche, metodi per avviare la vera rivoluzione digitale: quella che deve portare alla progressiva co-creatione di una cultura digitale reale, sostanziata, omogenea, condivisa, e quindi sostenibile, coerente con le sfide ancora aperte come per esempio quelle poste dalla Digital Research Infrastructure for the Arts and Humanities (DARIAH), la rete di eccellenza europea nella quale le migliori risorse della ricerca degli Stati dell’UE concorrono a progettare e sviluppare metodi di ricerca partecipata sui temi “caldi” del digital cultural heritage e delle digital humanities.

Per superare questo vulnus nell’organizzazione della Ricerca in Italia, all’interno della nostra rete DiCultHer, in più occasione, da ultimo nel Congresso di Bari del gennaio 2018 dell’Associazione per l’Informatica Umanistica e la Cultura Digitale, è stata avanzata la proposta della costituzione di un Istituto Nazionale di Ricerca nel settore delle DH e del DCH, stimolati a intervenire sullo stato della ricerca nel settore delle discipline umanistiche nel nostro Paese in correlazione all’acceso dibattito nato nel post EXPO2015 a proposito dell’Human Technopole (HT).

I Gruppi di Ricerca afferenti alla rete DiCultHer hanno guardato con grande interesse all’iniziativa Human Technopole, un progetto ambizioso che denota finalmente una forte attenzione da parte del Governo per la ricerca di eccellenza anche per rispondere adeguatamente ai principi di competitività e meritocrazia che regolano l’accesso e la distribuzione delle risorse per la ricerca scientifica in tutti i paesi avanzati.

Una iniziativa che ha adottando le prassi universalmente riconosciuta nei Paesi a elevato livello di ricerca scientifica, e modello e buona prassi per l’avvio di iniziative analoghe afferenti alle discipline scientifiche umanistiche, ed in particolare nel settore del Digital Cultural Heritage e delle DH di riferimento anche per la nuova Comunità educante che adotta metodi e prassi legate alla conservazione e valorizzazione dei dati digitali.

Un Istituto sulle DH e le DCH per superare questo vulnus scoperto nel sistema della ricerca nazionale, in grado di contribuire alla definizione dei criteri secondo cui la riflessione teorica nei domini delle digital humanities e del digital cultural heritage trovi un luogo di accumulo delle esperienze e di programmazione della ricerca nei nuovi domini della digital culture.

Un luogo esperienziale per una concreta per sostenere quell’alleanza tra Digitale, Ricerca, Educazione per riformare il sistema della ricerca nazionale nelle digital humanities.

L’assenza nel nostro Paese di un ente di riferimento che raccolga efficacemente ed esprima le istanze della comunità scientifica nel settore delle Digital Humanities e DCH che possa istruire un confronto costruttivo con il Governo sembra ormai ineludibile per svolgere strutturalmente un ruolo di Centro di eccellenza e di riferimento della ricerca nel settore, e che nel contempo agisca da collante fondamentale tra le iniziative che la politica ha il diritto-dovere di proporre e le capacità e i bisogni del nostro sistema ricerca e dell’Alta Formazione

Un Istituto di ricerca diffuso sul territorio nazionale sul modello reticolare di successo dell’INFN costituito da “sezioni” nelle Università e nelle organizzazioni scientifiche di riferimento, sottoposto alla vigilanza direttamente al Governo, che sappia anche essere un osservatorio aggiornato della ricerca nel Paese nel settore.

In Italia e all’estero non mancano gli esempi di Fondazioni e Agenzie che hanno messo in atto procedure rigorose ed efficaci per la gestione di fondi sia pubblici sia provenienti da donazioni.

L’auspicio è che il Governo sappia fare tesoro di queste esperienze virtuose nel delineare struttura, responsabilità e prerogative del costituendo Istituto per incentivare la ricerca di base nel settore delle digital humanities e del DCH.

Un istituto, con un rigoroso sistema di valutazione, analogo a quello in uso per esempio all’ERC, European Research Council, per il finanziamento dell’intera ricerca pubblica inclusi i progetti di ricerca individuali da svolgersi nelle organizzazioni di Ricerca e nelle Università afferenti all’Istituto stesso, per incentivare la ricerca di base creativa e generata nel settore, con  finanziamenti da potersi estendere a 3-5 anni come per l’ERC con  regolarità e certezza dei bandi e delle regole, le sole che possono garantire adeguata progettualità all’attività scientifica e un rigoroso sistema di valutazione per finanziare la ricerca di qualità ed evitare la dispersione delle risorse.

Un Istituto, la cui natura giuridica di Ente pubblico (??) nazionale di ricerca a carattere non strumentale e  autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile ai sensi dell’articolo 33 della Costituzione, dell’articolo 2 del D.Lgs. 31 dicembre 2009, n. 213, e dell’art. 3 del D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 218.”, per  promuovere, coordinare ed effettua la ricerca scientifica nel campo delle Digital Cultural Heritage, Arts And Humanities, nonché la ricerca e lo sviluppo tecnologico pertinenti all’attività in tali settori, prevedendo forme di sinergia con altri Enti di ricerca, le Università e il mondo dell’impresa nel rispetto dei principi di cui all’art. 3 del D.Lgs. 218/2016, e nel rispetto della Carta Europea dei Ricercatori del 2005.

Un Istituto di Ricerca, dedicato ad un insigne Maestro e punto di riferimento culturale di tutta la comunità scientifica del settore,  nel ricordo del Prof. Tullio Gregory.

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