Ambiente e Sviluppo, uno strumento possibile, il Piano degli interventi Esteri dell’Unione Europea e il ruolo dell’Italia per il Mediterraneo e il continente Africano
sviluppo africa

Indice

Le evidenti strette interconnessioni tra le questioni ambientali e quelle sociali per l’Africa, tra diritti umani, sviluppo, povertà e protezione degli ecosistemi rendono queste problematiche trasnazionali: il cambiamento climatico, il dissesto idrogeologico, la deforestazione, la desertificazione, la riduzione delle terre agricole, la riduzione del pescato, la scarsità di risorse energetiche fossili, incidono indiscutibilmente sulla qualità della vita delle persone.

di Roberto Russo

Le evidenti strette interconnessioni tra le questioni ambientali e quelle sociali, tra diritti umani, sviluppo, povertà e protezione degli ecosistemi rendono queste problematiche trasnazionali: il cambiamento climatico, il dissesto idrogeologico, la deforestazione, la desertificazione, la riduzione delle terre agricole, la riduzione del pescato, la scarsità di risorse energetiche fossili, incidono indiscutibilmente sulla qualità della vita delle persone.

L’analisi dello sviluppo e diffusione del COVID-19 ha portato la ricerca scientifica a studiare in questi ultimi mesi, i dati sulla relazione tra i livelli di inquinamento atmosferico e l’epidemia di COVID-19 (malattia del Coronavirus causata dalla SARS-CoV-2). L’attenzione posta è che una alta concentrazione di particolato (PM10, PM2.5) renda il sistema respiratorio più suscettibile alla infezione e alle complicanze della malattia da coronavirus. Piu è alta e costante nel tempo (come per gli anziani) l’esposizione a PM più è alta la probabilità che il sistema respiratorio sia predisposto ad una malattia più grave. D’altra parte, è noto che l’inquinamento atmosferico da PM 2.5, subito dopo dieta, fumo, ipertensione e diabete è uno dei fattori di rischio più importanti per la salute e causa ogni anno 2.9 milioni di morti premature in tutto il mondo. L’instabilità economica ambientale porta inoltre a determinare un crescente flusso d’immigrazione, incluso quello attraverso il deserto del Sahara, il Mediterraneo e le altre vie attraverso l’Europa.

La crisi ambientale, come quella economica è pertanto una crisi globale e strutturale per la esauribilità di alcune risorse naturali e i limiti ecosistemici nell’assorbire l’impatto degli agenti inquinanti e dei rifiuti.

L’analisi delle conseguenze e le relative soluzioni da adottare vanno quindi predisposte congiuntamente alla valutazione della crisi economico-finanziaria e politico-istituzionale che stanno coinvolgendo in forme anche drammatiche sia i paesi dell’Unione Europea che i paesi dell’Unione del Mediterraneo della sponda sud del Mediterraneo e il continente Africano nel suo insieme.

La necessità di trovare adeguate risposte a questa crisi ampia e complessa connesse all’esigenza di garantire il miglioramento delle condizioni economiche e sociali della popolazione, assicurando  al contempo una gestione sostenibile delle risorse naturali del pianeta, costituisce uno dei nodi del dibattito scientifico e politico proprio sul significato e sulle diverse declinazioni dell’interpretazione del concetto di sviluppo che dovrebbe necessariamente tra l’altro, soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. Come farlo, creando opportunità economiche ed educative, costruendo una governance migliore. Questo richiede un fermo impegno a supportare la capacità di sviluppo dei paesi terzi, così come la stabilizzazione e lo sviluppo di queste regioni dell’Africa, dal Sael al Corno d’Africa, e il Nord Africa. Favorire azioni atte a promuovere la crescita inclusiva, la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo sostenibile. Gli investimenti, innescano un circolo virtuoso che incide sulla creazione di nuovi posti di lavoro, supportano gli imprenditori, soprattutto giovani e donne, favorisce la crescita economica, interviene nei contesti socio-economici, e favorisce il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e l’applicazione degli Accordi sul clima di Parigi.

La risposta dev’essere dell’Europa nel Suo insieme e, l’Italia deve ritagliarsi uno specifico ruolo per la Sua antica storia legata al Mediterraneo e per la naturale posizione geografica. L’Italia potrebbe, tra l’altro  promuovere riflessioni, condizionare propositivamente le scelte e informare sugli sviluppi degli interventi, educare e coinvolgere, condividere e costruire consenso partendo dallo strumento finanziato dall’Unione Europa: “Il Piano degli Interventi Esteri dell’Union europea”. L’obiettivo del piano è : “Il conseguimento di una crescita inclusiva e sostenibile e la creazione di posti di lavoro permangono tra le sfide cruciali per i paesi in via di sviluppo. Il clima degli investimenti e il contesto politico generale nel vicinato dell’Unione europea e in Africa non sono sempre favorevoli agli investimenti del settore privato”. Ciò è particolarmente evidente nei paesi fragili, colpiti da conflitti e violenze, alcuni dei quali sono paesi importanti da cui provengono i migranti irregolari.  legato al Piano  degli investimenti diretti esteri (IDE). Nel 2012 solo il 6% (34,6 miliardi di EUR) del totale degli IDE mondiali destinati ai paesi in via di sviluppo è andato a paesi che figurano nell’elenco degli Stati fragili, pari a un investimento medio pro capite di 27 EUR, rispetto ai 128 EUR degli altri paesi in via di sviluppo. Fra i paesi che figurano nell’elenco degli Stati fragili, quelli ricchi di risorse attirano la maggior parte degli IDE: nel 2012 il 72% degli investimenti era concentrato in dieci paesi. Questo dato evidenzia chiaramente un divario negli investimenti e rimarca il valore aggiunto che può avere un’azione mirata da parte dell’Unione europea.

Con un approccio coerente e uniforme, l’attuazione del PIE consentirà all’UE di dare il buon esempio nello sviluppo di partenariati più efficaci con i paesi partner e, al tempo stesso, nell’attuazione degli impegni internazionali in materia di finanziamento dello sviluppo. Le sovvenzioni restano fondamentali, ma bisogna andare al di là della tradizionale assistenza allo sviluppo, mediante garanzie e strumenti finanziari innovativi a sostegno degli investimenti, degli scambi commerciali, della mobilitazione delle risorse nazionali e della buona governance, moltiplicando l’impatto sul campo. Il piano potrà migliorerà le modalità di utilizzo dei fondi pubblici e le modalità di collaborazione tra autorità pubbliche e investitori privati sui progetti di investimento. Per la prima volta il PIE offre un quadro generale coerente per migliorare gli investimenti in Africa e nel vicinato dell’UE, al fine di favorire gli investimenti sostenibili e intervenire su alcune delle cause profonde della migrazione. Ciò avverrà mediante la mobilitazione di fondi provenienti dall’UE, dagli Stati membri, da altri donatori, dalle istituzioni finanziarie e dal settore privato. Il piano offre altresì una garanzia per i privati che investono in contesti politicamente più rischiosi di altri e attiva i principali fattori che consentono di attirare investimenti privati verso regioni che gli investitori altrimenti diserterebbero. Gli investimenti saranno principalmente destinati a migliorare le infrastrutture sociali ed economiche, ad esempio le infrastrutture comunali e i servizi di prossimità, e a sostenere le PMI, la microfinanza e i progetti volti a creare occupazione.

Lo schema in evidenza descrive in forma sintetica e facilitata il Piano.

L’idea alla quale il network internazionale Fispmed ONLUS sta lavorando è il rafforzamento del proprio Osservatorio, strutturandolo come un vero e proprio think tank, un laboratorio di idee, proposte e progettazioni al servizio del Paese, un soggetto animatore del dibattito sullo sviluppo e facilitatore di partnership tra organizzazioni e istituzioni per condividere azioni e condizionare politicamente le scelte orientandoli sui principi di sostenibilità socio economica ed ambientale i finanziamenti e i connessi investimenti attivati dal Piano degli interventi esteri dell’UE.

altri
articoli